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Trento, 5 gennaio 2018
«Qui non lasciamo al freddo nessuno»
Previdi, dopo la morte del senzatetto Robert:
«Stava per tornare in Polonia, in una Rsa»

da l’Adige di venerdì 5 gennaio 2018

«Noi non lasciamo al freddo nessuno. Nessuno. Anche quando il Portico non ha avuto sufficiente capienza ci siamo mobilitati, arrivando pure ad ospitarli all'ostello, quando necessario e quando era freddo. Ma non tutti accettano di essere aiutati, questo è il problema». L'assessore alle politiche sociali Mauro Previdi è colpito dalla morte di Robert Zurek, il polacco di 42 anni, trovato senza vita nei parcheggi dell'Eurospin di Santa Maria mercoledì scorso. È scosso anche perché persino lui lo conosceva. Perché oltre a Caritas, il Portico, unità di strada, più volte 118 e polizia locale, nonché privati cittadini, anche il Comune si era mobilitato per proporgli una via d'uscita dalla marginalità.

«Ci eravamo quasi riusciti - spiega l'assessore - perché lui era anche in precarie condizioni di salute, per via della vita che aveva condotto. Quindi eravamo riusciti a assegnargli un amministratore di sostegno. Attraverso questo istituto, ci eravamo messi in contatto con l'ambasciata polacca, da cui abbiamo avuto grande collaborazione. Per lui era stato immaginato un percorso di avvicinamento a casa, in Polonia, dove aveva ancora la mamma. Sarebbe stato accolto in una Rsa. Una possibilità, questa, che si stava concretizzando». Purtroppo, lui non è arrivato a vedere la fine dell'iter. E chissà poi se sarebbe stato d'accordo, al momento del trasferimento. 

Ma quel che preme ricordare all'assessore, è che qui i servizi ci sono. Ed è vero. I senza fissa dimora possono contare sull'intera macchina della Caritas, ma soprattutto sulla struttura «Il portico», che garantisce accoglienza sia diurna che notturna. Con numeri importanti: i 9 operatori e i 93 volontari - di un po' tutte le parrocchie della città - nel solo 2016 hanno garantito accoglienza a 468 persone, di cui 371 hanno frequentato il centro diurno e 252 sono state accolte la notte. Agli ospiti sono stati assicurati qualcosa come 10 mila pasti in un anno. Le risposte, per l'emergenza povertà di chi vive ai margini - ma ormai sempre più spesso anche di chi ai margini non è, ma vive un momento di difficoltà - ci sono. E anche in questi giorni è possibile trovare ricovero, sia a Rovereto che a Trento. Il problema è che spesso queste persone non vanno a chiedere, oppure non vogliono proprio essere ospitati al centro d'accoglienza. E allora quello è tutt'altro problema, che un po' riguarda il sociale, un po' le difficoltà personali. È questa la vera sfida: «L'obiettivo era fin dall'inizio quello di non avere nessuno che dorme in strada. Ma non è così facile, l'aiuto non può essere imposto. E spesso parliamo di persone che non vogliono essere ingabbiate in progetti definiti - spiega ancora Previdi - ma ci si prova comunque. In particolare con quattro di loro ci siamo riusciti. Hanno accettato d fare un percorso, ora non vivono più nella marginalità». 

Ma le storie non sono tutte a lieto fine. Ci sono alcuni rumeni, per esempio, che continuano a cercare riparo nei caseggiati disabitati: «Da quando abbiamo demolito l'ex Alpe non vanno più lì, ma c'è la Microleghe, e ci sono i nuovi angoli del degrado, come l'ex Uredal di via Sticotta - spiega ancora Previdi - o l'ex mangimificio Sav, dove recentemente sono stati visti. Sono tutti monitorati, gli è stato offerto un percorso. Ma non si riesce a convincerli. Uno di loro è anche molto malato, ma niente».

E sul caso di Robert Zurek interviene anche la Comunità di Sant'Egidio, che dopo la mnorte di tre senza fissa dimora in poche ore (Zurek, uno a Verona e l'altro a Roma), ha lanciato un monito: «È inaccettabile che ogni inverno si ripeta la stessa tragedia perché la vera emergenza non è il freddo, ma l'isolamento e l'indifferenza». Da qui l'appello perché «le istituzioni siano più sensibili e allarghino la loro rete di protezione sociale, a partire dai rifugi notturni, ancora oggi carenti». E agli italiani si rivolge «perché facciano la loro parte fermandosi di fronte a chi ha bisogno e offrendo il loro aiuto, che spesso può significare una svolta».

 

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